L’attacco a sorpresa ha sempre giocato un ruolo importante nella tattica militare.
È un concetto tanto facile da intuire quanto da dimenticare: se si riesce a cogliere impreparato l’avversario, sarà più facile sopraffarlo; anche se esso avesse il miglior posizionamento possibile e se, sia per capacità sia per numeri, l’attaccante fosse in svantaggio.
Questo principio fondamentale della tattica è stato più e più volte applicato nella storia moderna e in quella contemporanea.
I più grandi successi dell’attacco a sorpresa, coadiuvati dalla “blitzkrieg” (guerra lampo), li ottennero i nazisti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale con l’invasione della Polonia, seguita dall’invasione di Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Queste quattro conquiste fecero capire ad alcuni degli stati occidentali la pericolosità della Wehrmacht. In particolare, colpirono la supremazia area della Luftwaffe e la rapidità nel dispiegarsi dello Heer.
Grazie alla rapidità d’azione e alla completa impreparazione dei difensori, il Terzo Reich ottenne: una tregua con l’URSS, poi infranta sempre con un attacco a sorpresa verso le truppe sovietiche stanziate in Polonia; la possibilità di conquistare anche la Francia, colta alla sprovvista, aggirando l’invalicabile linea Maginot.
Oltre ai gerarchi nazisti, altre nazioni hanno fatto buon uso degli attacchi a sorpresa nella storia recente.
Nel 1967, dopo l’inasprirsi delle tensioni tra Israele e la coalizione araba tra Egitto, Siria e Giordania, Israele sferrò attacchi aria-superficie in quantità massive in un solo giorno. Portati avanti dall’aviazione militare israeliana, questi diedero inizio alla guerra dei Sei Giorni e permisero al piccolo stato ebraico di guadagnare la superiorità aerea. Grazie a ciò, l’esercito israeliano poté concentrarsi nelle operazioni di terra nella penisola del Sinai e nella striscia di Gaza (occupata dagli egiziani).
Dopo soli altri cinque giorni l’Egitto, che si era ritirato dall’intera penisola, la Giordania, che aveva condotto alcuni attacchi per rallentare le truppe israeliane, e la Siria, che provò ad attaccare Israele da Nord, dovettero firmare un cessate il fuoco. Con perdite umane in un rapporto di 20 a 1, in favore delle truppe ebraiche, la superiorità bellica di Israele risultò indiscussa.
A distanza di decenni, gli stati occidentali sono ancora impotenti davanti a queste strategie.
Febbraio 2022 ha visto lo scoppio della guerra in Ucraina. La Russia ha operato su più fronti. In primis, lanciando vari attacchi aria-superficie su diverse posizioni militari ucraine da parte della VVS. Successivamente, le forze paracadutiste della VDV si sono proiettate in profondità nel territorio per conquistare diversi siti di interesse. Infine, le forze terrestri russe, le VS, hanno iniziato l’avanzata dei territori da loro interessati avanzando lungo tre direzioni principali.
Questa fase ha, al contrario di altre guerre iniziate con attacchi a sorpresa, avuto diverse ambiguità. I russi, infatti, non si sono assicurati il controllo totale dello spazio aereo e hanno contenuto l’uso dell’artiglieria, in opposizione alla loro dottrina di guerra. Ciò nonostante, l’effetto sorpresa ha sortito il suo effetto e a nulla sono valse le dietrologie che chiarivano il movimento delle truppe russe durante esercitazioni condotte tra novembre e gennaio nei pressi del confine russo-ucraino. Dopo qualche mese, non fosse per gli aiuti occidentali, l’apparato bellico ucraino è stato sconfitto.
Oggi ci troviamo a rivivere simili circostanze. Israele ha reagito prontamente, più di quanto non avrebbero fatto altre nazioni, ma l’attacco a sorpresa di Hamas ha sortito il suo effetto.
Come la Russia ha dimostrato l’incapacità e la disomogeneità dell’Occidente nel reagire ad un conflitto sul proprio territorio, come i BRICS+ hanno provato la possibilità di sfuggire all’influenza statunitense nell’economia globale, così Hamas ha confermato la possibilità di violare i confini israeliani. In particolare, Hamas ha saggiato l’intelligence ebraica. Probabilmente i tempi in cui Israele riusciva a raggiungere i nazisti nascostisi in diverse nazione del mondo senza lasciare tracce sufficienti per dimostrare il loro operato è finito. Probabilmente le alleanze strette con la maggior parte delle nazioni arabe hanno fatto abbassare la guardia a Israele su tutto il territorio.
Non è la prima volta che accade: già con la guerra del Kippur del 1973, Egitto e Siria si dimostrarono in grado di sorprendere le truppe delle IDF sul canale di Suez. Israele si dimostrò pronta a reagire con le forze di terra, nonostante le perdite subite dall’aviazione, data la scarsa vastità della zona interessata dagli scontri. Oggi, invece, lo stato ebraico deve rispondere agli attacchi provenienti da un settore dove le forze di difesa erano state ridimensionate. Israele ha impiegato tre giorni circa per spostare i suoi MBT nella zona dove ha dichiarato di voler intraprendere una rappresaglia.
Hamas, dal canto suo, in una giornata ha ottenuto l’obiettivo sperato: il sequestro di diversi israeliani. La distruzione indiscriminata perpetrata tramite MLRS, gli attacchi mirati condotti con parapendii a motore e cellule dormienti nel territorio sono, verosimilmente, delle distrazioni o supporti al raggiungimento dell’obiettivo sperato.
Sappiamo che Israele antepone la sicurezza e l’incolumità dei suoi cittadini sopra ogni altra cosa. Persino mezzi e strategie usati in guerra hanno come fine ultimo la salvaguardia della vita dei combattenti stessi.
Hamas, invece, non ragiona così. L’organizzazione paramilitare ha intenzione di usare i prigionieri come di scambio. Questi scambi potrebbero semplicemente essere incentrati sul rilascio di prigionieri palestinesi o avere obiettivi geopolitici e strategici più ampi.
Se la seconda tesi fosse confermata, Israele dovrebbe calcolare minuziosamente i suoi prossimi passi per non perdere l’opportunità di “riavere” i suoi amati cittadini.