I droni continuano la loro scalata nel settore della Difesa. La guerra in Ucraina continua a dimostrare la loro pericolosità ed utilità come armi o vettori in scontri su larga scala. Allo stesso modo, la loro capacità nello svolgere missioni ISTAR, già dimostrata dagli USA nelle missioni in Medio Oriente, rende i droni un prezioso mezzo nella fase decisionale degli scontri.
Dopo un dominio statunitense nella produzione e nello sviluppo, russi, iraniani, cinesi e turchi hanno conquistato questo settore. Questi “player” internazionali stanno dimostrando elevate capacità nello sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche con rapporti costi-benefici estremamente favorevoli o con prodotti altamente sofisticati. L’HESA Shahed 136/131 ha catturato l’attenzione della Russia e di altri acquirenti globali, tanto da svilupparne copie con o senza licenza. La Russia, appunto, ha ulteriormente sviluppato lo Shahed con il modello di produzione nazionale Geran-2. Nel frattempo, anche la Cina ha prodotto una propria versione di questo drone kamikaze, immortalato in un video rilasciato proprio dalle autorità cinesi durante un test.
L’Europa occidentale si trova in svantaggio. L’adozione di questi sistemi non ha permeato sufficientemente le FF. AA. dei vari paesi nel vecchio continente. Questo fenomeno è stato provato sulla pelle delle forze ucraine che più volte hanno lamentato l’inefficacia delle strategie belliche occidentali a fronte di quelle russe. Ciò è dovuto anche dalla presenza massiva degli APR nemici sui campi di battaglia e alla scarsa disponibilità di contromisure anti-drone tra i sistemi d’arma donati all’Ucraina.
Gli Stati Uniti continuano su una filosofia differente. Non dovendo combattere in prima linea in una vera e propria guerra, gli statunitensi si affidano a sistemi ben più costosi e altamente performanti. Non è segreto che la loro intelligence fornisca informazioni sulle truppe russe, sui loro spostamenti, armamenti e sulle posizioni di obiettivi. Questi dati vengono raccolti dai voli dei Northrop Grumman RQ-4 Global Hawk, dispiegati a Sigonella, mentre compiono voli sul Mar Nero.
La Russia cattura l’attenzione grazie a soluzioni tanto efficaci quanto relativamente poco costose. Oltre alla produzione seriale già attivata dei Geran-2, infatti, l’azienda russa ZALA ha presentato un nuovo drone kamikaze battezzato come Italmas. Sfruttando un design ad ala volante, come la controparte iraniana, l’Italmas ha capacità migliorate: raggio d’azione superiore a 200 km. ZALA è nota anche per un altro prodotto: la bomba circuitante Lancet (o Lantset). Quest’arma, controparte dell’AeroVironment Switchblade 600, ha provocato danni incalcolabili a diversi mezzi usati dagli ucraini (persino a pesanti corazzati di fabbricazione occidentale). Spesso armati con testate a carica cava in tandem, uno o due Lancet bastano per distruggere o danneggiare gravemente pezzi d’artiglieria, veicoli blindati o corazzati sia ruotati sia cingolati. Il vantaggio dei Lancet è dato dal loro costo, pari a 35.00,00 $ ca. per drone. A fronte di ciò, si può rendere inoperativo un sistema costato al nemico diversi milioni di dollari.
Vi sono poi i droni First Person View. Comandati dall’operatore a grandi distanze grazie a visori che riproducono ciò che “vede” il drone in prima persona. Anche questi sistemi hanno ottenuto grande rilievo durante la guerra in Ucraina. Con costi ancora minori rispetto alle bombe circuitanti e armati con munizioni cumulative, proiettili da mortaio o semplici granate, è possibile danneggiare mezzi blindati o corazzati nei loro punti deboli, oppure li si può usare contro il personale (anche se trincerato). Ad esempio, il drone FPV “Sparrow”, appositamente sviluppato contro mezzi corazzati, può trasportate 500 grammi di munizionamento ad una distanza di 5 km.
In aggiunta allo sviluppo di nuovi droni, ci sono anche nuove tecnologie che incrementeranno esponenzialmente le capacità degli APR. l droni FPV della famiglia “Joker” implementano un sistema di ibernazione, riporta TASS. Questo consentirebbe al drone di posizionarsi in aria nei pressi di una zona calda o di un obiettivo e mantenere la posizione, anche per settimane, prima di essere riattivato per completare la missione. Questa caratteristica riduce drasticamente il tempo di dispiegamento. È riportato anche che l’ibernazione consente al drone di sfuggire ai sistemi di guerra elettronica, incrementando la probabilità di riuscita della missione. Questa famiglia di droni è stata sviluppata per svolgere qualsiasi tipo di missione grazie a piattaforme modulari, favorendo grande flessibilità in un contesto mutevole come l’Ucraina.
Un’altra implementazione che potrà essere usata in battaglia è il controllo simultaneo di 500.00 droni per gestirne posizione e condizioni. L’unificazione delle reti che gestiscono i droni comporterà vantaggi logistico-tattici in battaglia come nelle operazioni civili.
Persino lo stesso munizionamento viene perfezionato al fine di essere impiegato dai soli APR. In particolare, recentemente è stato presentato un proiettile 6 volte più economico dei classici colpi di artiglieria con capacità penetrativa pari a 400 mm di armatura omogenea.
Oltre ai piccoli droni, anche il pesante Sukhoi S-70 “Hunter-B” viene probabilmente usato in Ucraina dai russi per il rilascio di bombe. Grazie alle tecnologie adottate anche dal Sukhoi SU-57 e al design ad ala volante, il drone presenta elevate caratteristiche stealth per superare la contraerea ucraina.
Infine, i droni vengono usati sul campo anche per saturare le difese avversarie. Questa tecnica, implementata efficacemente dai russi e riproposta dagli ucraini, risulta importante prima del vero attacco condotto con missili balistici, missili da crociera e/o con altri droni. Una società russa ha presentato dei “falsi droni”, rinominati “Lodyr”, con sistema di ibernazione che vengono usati come esca. Questi droni autonomi, più economici di altri FPV, permettono anche lo svolgersi in sicurezza di missioni speciali da parte dei contingenti a terra, distraendo l’avversario dalla ricerca degli operatori.
L’Ucraina ha ampiamente usato droni marini. Identificabili anche come battelli radiocomandati per missioni speciali, si conoscono diverse famiglie di questi sistemi già usati o testati dalle truppe dell’AFU. Alcuni di essi, simili a barche (Uncrewed Surfae Vessels), con dimensioni superiori a quelle di un uomo, hanno una telecamera di bordo rivolta a prua per essere indirizzati verso l’obiettivo e l’innesco, tramite il detonatore posizionato sul muso della nave, avviene al contatto con una superficie. Il costo, se pur variabile da modello a modello, di questi sistemi si aggira sui 250.000,00 $. La famiglia di droni MAGURA, indicata come seconda generazione di USVs, ha un carico utile di 320 kg, velocità massima di 42 nodi e raggio d’azione di 800 km. Un’altra famiglia di seconda generazione è la “Sea Baby”, con capacità e dimensioni superiori alle MAGURA. Questa tipologia di drone è stata usata in vari tentativi di attacco a imbarcazioni russe ormeggiate a Sebastopoli e durante l’attacco terroristico al ponte di Crimea (che collega l’omonima regione al resto della Federazione russa). Altri battelli, invece, sono progettati per navigare sotto la superficie del mare e hanno una struttura analoga a quella dei sottomarini (Uncrewed Underwater Vessels). Il Toloka TK-150 è lungo 2,5 metri ed è verosimilmente ideato per attacchi a imbarcazioni ormeggiate. Il Marichka, invece, designato come multiuso, è lungo 6 metri e ha diametro pari a 1 metro. Data l’inefficacia delle USVs, spesso affondate con il solo uso di mitragliatrici o cannoncini a tiro rapido, ha reso necessario lo sviluppo di droni sottomarini, così da ridurre la visibilità di questi sistemi durante l’attacco.
Queste sono solo alcune delle novità nel settore dei droni e sul loro utilizzo in teatro operativo.
Sarà sempre più fondamentale e necessario per le FF. AA. di tutto il mondo adattarsi ai cambiamenti che si stanno definendo nella strategia bellica contemporanea. Aria, terra e mare saranno sempre più alla mercé dei droni. Ciò rende necessario sviluppare difese efficaci, oltre a produrre e implementare nei reparti operativi sistemi analoghi.